In ebraico “voce” si dice qol e si pronuncia come la parola kol che significa “tutto”.
Questo gioco linguistico, così affine allo stile midrashico, è il punto di partenza di un percorso in cui si indagano le vicende di diverse “donne vocali” dalla Bibbia a oggi.
Il volume racconta anche alcune figure chiave dei nuovi fermenti che animano Israele. Negli ultimi anni infatti le donne religiose hanno portato grandi cambiamenti, hanno iniziato a chiedere e ottenere spazi nella sfera pubblica e politica (sono scrittrici, registe, politiche e direttrici di Scuole Talmudiche); si sono moltiplicati i movimenti per i diritti e alcuni rabbini hanno abbracciato la causa dell’empowerment femminile mentre diverse istituzioni in Israele si adoperano per combattere la discriminazione giuridica e arginare gli episodi di intolleranza maschile.
E se i giornali ultraortodossi sono soliti abusare di photoshop per cancellare i volti delle donne dalle fotografie – si tratti di Angela Merkel alla marcia per Charlie Hebdo o di Kim Kardashian a cena con il sindaco di Gerusalemme – al contrario questo libro intende, come suggerisce l’opera Visible Women dell’artista Carol Hamoy, rendere le donne visibili.
La voce è tutto, perché il canto è memoria e tradizione, espressione di sé e della propria storia.
La voce è il mezzo per esprimersi, cantare, pregare e, in fondo, per sentirsi innanzitutto esseri umani, come auspicava in uno dei suoi storici scritti la battagliera Shulamit Aloni.
Introduzione di Claudia De Benedetti.